lunedì 26 settembre 2011

Altro che gossip, quelle intercettazioni descrivono il sistema di potere in Italia



Altro che gossip, quelle intercettazioni descrivono il sistema di potere in Italia

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In questa intervista di Terry De Nicolò (vedi video sotto), una delle predilette di Giampaolo Tarantini, una delle poche escort bipartisan, c'è tutto quello che serve per capire i nostri tempi. 

Prima di guardarla, voglio fare una premessa. Racchiudere le intercettazioni e le interviste di questi giorni all'interno della categoria del gossip è pericoloso perché è un'interpretazione riduttiva e superficiale. Resta gossip se ci si ferma ai dettagli sull'altezza del Premier, sulle prestazioni vere e presunte, sui commenti personali, che non aggiungono nulla né alle indagini né all'analisi. Compito dei giornalisti è andare oltre, raccontare i modelli sociali, culturali, le cause e gli effetti di queste dichiarazioni. È facile vendere i giornali con questo genere di notizie, che interessano tutti e indistintamente: è molto più difficile evitare che queste notizie passino inosservate, magari inoculando valori e modelli a un pubblico che ha un livello di autodifesa molto limitato ("sto leggendo intercettazioni, mica questi vogliono cambiare il mio modo di pensare", penserà qualcuno). 

In questi giorni stiamo assistendo alla istituzionalizzazione di un'egemonia culturale (o sottoculturale, citando Panarari) basata su pochi punti che descrivono il sistema di potere italiano dei nostri tempi. Anche se ci piacerebbe pensarlo, questi punti non fanno parte solamente di una dinamica interna a Palazzo Grazioli, ma sono un modo (trasversale: la De Nicolò ha offerto i suoi servizi a destra e a sinistra) di intendere le cose. 

Terry De Nicolò, nel suo (non si sa quanto volontario) trattato di antropologia consegnato aL'Ultima Parola, Rai2, Gianluigi Paragone, leghista di osservanza berlusconiana, descrive l'Italia con cinque immagini chiarissime e, temo, non del tutto minoritarie. 

a. Per raggiungere il successo vale tutto 

Chi era Giampaolo Tarantini? Un imprenditore di grande successo secondo Terry de Nicolò. E poco importa che ora sia in carcere, con la moglie agli arresti domiciliari, con debiti un po' dovunque, l'immagine pubblica compromessa. Doveva usare Berlusconi, è stato usato. Ma alla De Nicolò non importa, ha vissuto giorni da leone mentre gli altri vivranno anni da pecora. La metafora mussoliniana, buttata lì come se fosse una frase fatta, è in realtà il perno di tutto il ragionamento. Chi è forte vince, chi è debole resta a casa. Chi vuole guadagnare deve vendere sua madre. Chi non lo fa resta povero. Poco importa che le regole del gioco siano interpretate in modo diverso dai leoni e dalle pecore. Prima traslazione: si passa dal confronto tra chi rispetta le regole e chi non le rispetta, alla sfida tra forte e debole. Dove chi fa cose illegali diventa forte ed è dunque socialmente legittimato. 

b. Chi è onesto e critica il disonesto è solo invidioso

Seconda traslazione, classica: si sposta il problema dall'argomento alla persona, dal comportamento al sentimento. Chi 'non ce l'ha fatta', a sentire l'intervista, non ha diritto di parola perché l'unico sentimento che muove le loro parole non è il desiderio che la legge sia uguale per tutti, ma solamente di sostituirsi a Tarantini (o Berlusconi). E non vi azzardate a dire che Berlusconi si pagava le compagnie: c'è la gente che fa la coda per stare con lui. 

c. Gli onesti non hanno nessuna possibilità di 'vincere'

Le tangenti sono sempre esistite. Che siano donne o mazzette, poco importa. E sono uno strumento indispensabile. Chi vuole guadagnare deve 'rischiare il culo'. Anche qui, traslazione di un concetto: dal merito al caso, dal lavoro alla fortuna, dal metodo alla scorciatoia. È il mercato che impone questo comportamento, bisogna passare 'sui cadaveri' per salire e avere successo. La cooperazione, il senso di comunità, il senso dello Stato, sono cose da sfigati. 

d. La donna, per avere successo, si deve vendere

Le donne (tutte, ad ascoltare la De Nicolò) corrono per andare da Berlusconi e devono avere il diritto di potersi vendere, perché la bellezza ha un valore. E il valore della bellezza è pari al talento nella medicina, alla competenza professionale. È l'ennesima prova che l'antropologia berlusconiana ha raggiunto il suo obiettivo e non solo tra i suoi elettori: abbiamo trasformato ogni cosa in un oggetto che si può comprare e vendere. Dall'etica al voto in Parlamento, dal calciatore del Milan alla compagnia di donne altrimenti inarrivabili, tutto si può avere perché tutto si può pagare. E chi 'rompe i coglioni', cioè le donne che non accettano questo meccanismo, deve 'restare a casa'. Insomma, chi non si prostituisce fa male. E chi va in giro con una 'pezza da 100 euro', non è presentabile: per andare a Palazzo Grazioli devi indossare almeno capi per almeno duemila euro. Se si alza l'asticella a questo modo, le mitiche buste del ragionier Spinelli non appaiono più cifre irragionevoli, ma coerenti con lo stile di vita di tutti gli ospiti, con annesso tentativo di depotenziare l'accusa di sfruttamento della prostituzione che è mossa da diverse Procure, per diversi indagati e con diverse prove e intercettazioni a testimoniarlo. Quarta traslazione: si passa dall'acquisto al regalo, dalla prestazione al favore, dalla prostituzione al rapporto consensuale. 

e. Chi la pensa diversamente è comunista, cattolico o sfigato

La De Nicolò si incazza perché chi la pensa diversamente da lei è un 'moralista'. La sinistra vuole far guadagnare tutti allo stesso modo (dice 2000 euro al mese, mostrando un evidente distacco dalla realtà), tutti devono avere gli stessi diritti: "no, no, no!". Ma la mazzata è più dura quando si usano le categorie dell'antropologia berlusconiana, e non solo la politica, per attaccare l'attuale opposizione: non solo quelli di sinistra sono culturalmente uguali a destra quando si tratta di gestire il potere, ma nel campo del rapporto tra sesso e potere riescono, in ogni caso, a fare peggio. Ultima traslazione: dalla lotta politica alla lotta della prostituzione, dalle differenze culturali a quelle sessuali. 

Il volto dell'egemonia berlusconiana è perfetto: una buona parte di elettorato, colto e di sinistra, non va oltre il 'puttana', e lascia cadere quelle frasi che, al massimo, sembrano provocazioni. Chi ha già qualche batterio dell'egemonia all'interno del sistema sanguigno, e probabilmente già vota Berlusconi, si fa sedurre da una prostituta non colta, apparentemente a portata di mano, seducente perché 'cattiva' . Si sente così autorizzato a diffondere questa egemonia auto-assolvente e a combattere contro l'altra parte d'Italia provando a sdoganare l'illegalità, la furbizia, il ruolo squalificato della donna. 

E a differenza di Gramsci o dello stesso Berlusconi, la De Nicolò parla all'Italia intera. Per questo dobbiamo provare a mettere in campo cinque regole d'ingaggio nella lettura delle intercettazioni di questi giorni: 

1. Ignorare le abitudini sessuali di Berlusconi: non importa come fa sesso, importano le conseguenze delle sue azioni; 

2. Non ignorare, invece, l'assenza di coerenza tra i suoi comportamenti privati e i suoi comportamenti politici: non si può fare la battaglia culturale sul crocifisso per poi usarlo tra le tette della Minetti; 

3. Mettere al centro il rapporto causa-effetto: la donna che si è prostituita ha avuto favori professionali, magari in organizzazioni pubbliche? E l'uomo che ha portato le prostitute a Berlusconi ha ottenuto appalti, consulenze, contratti, senza regolare verifica delle competenze? 

4. Evitare di fare il tifo per qualcuno e aspettare la fine delle indagini: la Arcuri è passata in 36 ore da santa a 'una delle tante': non c'è modo migliore per far passare l'opinione pubblica come un branco di forcaioli celebrolesi;

5. Chiedere, ogni giorno, al centrosinistra di mettere alla porta chiunque utilizzi i metodi dell'egemonia culturale berlusconiana per le proprie rendite di potere.

Dino Amenduni
@valigia blu - riproduzione consigliata

venerdì 9 settembre 2011

"La macchina del capo.."


Il vecchio zio ha in garage un’ Alfetta. 
Bella, quella macchina: elegante, veloce, scattante, incuteva  -ai bei tempi- anche un certo rispetto, quello tipico della gloriosa tradizione Alfa Romeo, un mito consolidato dal dopoguerra in poi, fino alla (s)vendita al Gruppo. Non può, né vuole cambiarla: probabilmente non saprebbe neppure guidarne un’altra. E poi, per andare in vacanza in Trentino….Ma, sulle strade di montagna, specie su quelle che nessuno ha mai pensato di ammodernare, una manovra sbagliata, e si esce di strada: e, se la strada bordeggia un dirupo, la fine è tragica.
Non è una profezia da disfattisti, ma la realtà solida. A chi giova una manovra fatta a bordo di un veicolo vecchio, alla guida uno zio un po’ svampito, ma soprattutto senza servosterzo e servofreno,? Dispositivi obsoleti anche questi, sostituiti da ESP, ABS ed altri congegni di ultima generazione, di serie su quasi tutti i veicoli, specie quelli tedeschi e francesi. Sulle vetture italiane è stato installato invece il sistema BCE: non si sa ancora se e come funziona, alcuni sostengono che sia solo uno specchietto per allodole per indirizzare il mercato. Non si è capito bene a che serve, a chi serve e a quale sicurezza ultima vagheggi: però, senza questo a bordo, le multe sono salatissime.
Da un rapido esame con “il cuore grondante sangue”  appare evidente che la vettura perda liquidi,  ed anche il più sprovveduto meccanico, nella peggiore officina, può diagnosticare come questi liquidi fuoriescano dal motore logorato. Ed anche se gli interni reggono bene il peso del tempo, anche gomme, sospensioni ed impianto elettrico mostrano la corda. Nella concessionaria, quella dove si era obbligati al tagliando, il capoofficina aveva sentenziato pochissimi mesi fa che era tutto a posto, che quella Alfetta era uscita prima e meglio di altre macchine dalla revisione, e che non “avrebbe mai messo le mani nelle tasche” dello zio. Il meccanico di fronte a casa del vecchio zio diceva che non era vero, che quella macchina era da sottoporre a costose riparazioni, le quali avrebbero comportato un notevole esborso di denaro. Ma lo zio, povero sempliciotto, aveva eletto la concessionaria come proprio luogo fidato per la cura dell’auto. Poco importava se, in quella officina, ci lavorassero meccanici scartati da altre officine, se l’elettrauto fino al giorno prima aveva una bancarella al mercato rionale, l’addetto ai freni vendeva souvenir nella sua città d’origine, il motorista passava le giornate a pescare siluri nel Po, o il gommista non distingueva un quadro da un tondo; o se il cassiere faceva di conto sulle dita. Ed in  tanti, semplici e sempliciotti, disdegnavano la piccola officina per lasciare pacchi di denari alla megaofficina autorizzata, tutta luci e lustrini. Soprattutto lavoratori dipendenti e pensionati: in fin dei conti gli stessi circoli aziendali, ed alcune associazioni, avevano propagandato come “efficaci” certe convenzioni, solo in apparenza convenientissime. Poco importava se il capofficina facesse la cresta sui pezzi di ricambio per andarsi a mangiare il profitto con le donnine: l’importante era che mettesse il bollino della avvenuta revisione sul libretto di circolazione. Anche se un timbro non garantisce contro le manovre pericolose a bordo di una vettura sprovvista persino  delle cinture di sicurezza.
Certo, magari il capofficina sarà rimosso quando i clienti si renderanno conto di essere stati ingannati per anni, ma il rischio è che si lascino commuovere dal lamentìo di un altro profeta che avanzerà la proposta di buttare anche il motore, ritenendolo inutile e superfluo. Le conseguenze le lascio solo immaginare, a chi di automobili se ne intende davvero. Buona giornata e buon viaggio, zio!
Ah, dimenticavo: non credo che serva a tanto mettere sul cruscotto quelle immagini votive di santi e madonne, anche se le hai pagate care. E l’aglio, dammi retta, è più utile con spaghetti, olio e peperoncino…